Via de’ SS. Quattro (R. I - Monti) (da via di Santo Stefano Rotondo a Piazza del Colosseo)
La via, poco abitata durante la Repubblica come il resto del Celio, sembra avesse alla base dell’altura il tempietto in onore di “Minerva capta” (241 a.C.).
La “via Papalis”, nel Medio Evo, combaciava in massima parte appunto con la via dei Santi Quattro Coronati e, partendo dall'arco di Basile (acqua Claudia), arrivava al quartiere “Caput Africae” [1].
All'inizio, sulla sinistra, aveva un portico dal quale fu tolta un'immagine della Vergine e portata in un piccolo oratorio situato tra la via Major e la via dei Santi Quattro.
Avanti alla cancellata dell'altare era appesa una tabella, sulla quale “in lettere minuscole formatelle si leggono, scritte in carta pecora, le parole seguenti: Questa è l'immagine della gloriosa Vergine Maria imperatrice quale parlò a S. Gregorio papa oltre li sedici anni, per ogni volta che in essa chiesa se entrerà e se dirà tre pater nostri e tre Ave Maria in ginocchioni…”.
L'immagine del 1826 fu trasportata nel piccolo cimitero dell'ospedale lateranense, sul prolungamento della via dei Santi Quattro, oggi interessata dallo stradone di S. Giovanni, a sinistra di chi va verso la piazza lateranense.
Fu posta sull'altare della piccola cappella del Crocifisso, ampliata ed ornata da Pio VII (Barnaba Niccolò Chiaromonti - 1800-1823) nel 1812, ed una lapide ricorda così la traslazione dell’immagine:
“Sanctae genetricis Dei Imperatricis Nuncupatae Icon Quam Populus Romanus a Saeculo VI Peculiari Pietate Veneratur Et Eam S. Gregorio Magno Locutam Esse Accepit Ab Humili Sacello Proximo in Eius Honorem Dicato Et ob Vetustatem Collabentem Solemni Ritu Huc Illata Est A. MDCCCXXVI Pridie Id. Aug. Ut Eius Cultus Serveretur Augeatur”
“Fino al 1870 si mostrava al pubblico, il giorno dei morti durante l'ottavario, entro questo cimitero, la “rappresentazione”, con applausi del popolo che accorreva numeroso a vedere quella scena divota, in cui erano disposte figure di legno o di cera rappresentanti un qualche avvenimento o di storia ecclesiastica o delle sacre scritture”.
Il cimitero ha funzionato oltre la metà del XIX secolo, finché cioè non venne la proibizione di seppellire nell'interno della città.
Proseguendo, v’è, sulla sinistra, la chiesa dei Santi Quattro Coronati, che dà il nome alla via. L’Ugonio (XVI e XVII sec.) dice che ne sia stato fondatore Papa Melchiade (311-314), ubicandola nel luogo ove erano stati gettati i corpi di quattro anonimi corniculari (soldati che, in battaglia, portavano per ornamento, un corno sull'elmo), confusi con martiri pannonici trasportati a Roma, e che dopo essere stati inumati in un cimitero della via Labicana [2], furono sepolti, insieme ai primi, da Leone IV (847-855) in questa chiesa.
Restaurata dalle fondamenta da Onorio I (625-638) e Leone IV (847-855), che ne fu cardinale [3], e che la rifece a tre navate, ma l'incendio di Roberto il Guiscardo (1085) la distrusse.
Pasquale II, nel 1111-1116, la ricostruì riducendola alla sola navata centrale [4], accorciata, dividendo ancora questo più piccolo spazio in tre navate e aggiungendo al di sopra di esse dei matronei.
La cripta è del tempo di Leone IV (847-855) e il chiostro è dei primi decenni del XIII secolo. La fontana che ha nel centro doveva essere prima sulla porta della chiesa (XII sec.).
La basilica fu ancora restaurata sotto Martino V (Oddone Colonna - 1417-1431) e da Pio IV (Giovanni Angelo Medici - 1559-1565) che, nel 1560, dette l'annesso convento, già dei Camaldolesi, al Conservatore delle Orfane all'isola Tiberina, il più antico di Roma. I Benedettini di Sasso Vivo ebbero il convento nel 1737.
Nei rifacimenti del cardinale Mullino nel 1624 vennero in luce le reliquie depostevi dal papa Leone IV (847-855) e nominate nella lapide di Pasquale II (Raniero Ranieri - 1099-1118) che: “iussit cavare sub altare quod prius combustum et confractum fuerat, et invenit duas concas unam porphireticam et aliam ex proconesso in quibus errant recondite Sacra Corpora”.
Fra le reliquie era la testa di San Sebastiano, che fu trovata “entro bellissimo vaso d'argento smaltato e distinto da epigrafe votiva d'uno degli antecessori di Leone, Gregorio IV (828-844)”.
La basilica che conserva ancora la forma imponente di un castello fortificato, aveva intorno oratori e sacri edifizi; di uno dei quali, scoperto nel XV secolo, è detto: “Nello stradone del Coliseo per andare a S. Giovanni alla mano dritta in un orto disotto ai SS. Quattro fu trovato fra le altre ruine antiche una stufa [5] di bellissima disposizione, quale si conosceva essere dagli antichi cristiani ridotta in forma di chiesa, per alcune vergini sacre che vi erano dipinte, le quali dalla barbarie dei cavatori furono di subito scassate”.
Presso il portico della Basilica v’è la cappella di S. Silvestro che ha affreschi del XIII secolo e fu dedicata dal cardinale Riccardo Conti vescovo suburbicario di Ostia nel 1246.
Nella chiesa dei SS. Quattro, restaurata ancora da A. Muñoz nel 1914, vi furono eletti papi Leone IV (847-855) e Stefano VI (885-891).
Il convento aveva un orto giardino molto bello per la sua posizione alta e pianeggiante.
Ai piedi, dov’è adesso l'ospedale militare, v'era nell'800 la villa Casali, che fornì a quello che è oggi “l'Antiquarium”, un copioso materiale archeologico.
Unico esempio in Roma di torre fortificatoria di accesso ad una abbazia è quella che si trova, adattata a campanile (XII sec.) all'ingresso della chiesa dei SS. Quattro.
In questa fortezza, munita di quei grandi torrioni a blocchi di tufo, che dalla parte di via SS. Quattro continuavano i muri della primitiva Chiesa (1246), oltre Leone IV e Stefano VI, dopo il X secolo vi hanno abitato, durante il loro soggiorno a Roma, i vescovi di Treviri.
Così vi furono ospitati [6] Carlo d’Angiò (1266) e nel 1433 l'imperatore Sigismondo di Lussemburgo (1433-1437).
La torre, prima dell’incendio del Viscardo, dal quale restò distrutta, fu, dal nucleo rimasto, rialzata da Pasquale II che riparò le poderose torri, in origine scoperte ed ornate di merli, conservando all'esterno gli anelli di pietra per incastellare [7] la fortezza.
Nella via dei SS. Quattro si innalzava un’altra torre privata presso l'orto di Carlo Valenti membro di una ricca famiglia dei Monti.
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[1] ) Davanti al Colosseo s’incontravano, a sinistra, sul Celio, le fabbriche del quartiere Caput Africae. Un paedagogium imperiale ove i paggi di corte ivi impiegati eran chiamati “Caput africenses”, forse un’immagine o insegna con un’africana ha dato il nome alla località.
[2] ) "ad duas lauros" era l’indicazione di una grande proprietà imperiale, oggi compresa nel parco archeologico di Centocelle.
[3] ) Era titolo (titulus Aemilianae) nominato fin dal tempo di San Gregorio Magno (590-604).
[4] ) L'antica navata destra serve ora da refettorio.
[5] ) “Stufa, nel ’400 e nel ‘500, si chiamava una sistemazione di ambienti e di forni e di vasche di acqua. Di solito vi erano 3 camere: in quella di mezzo v’era una caldaia grande con acqua che si faceva bollire, ed il vapore immesso in uno degli ambienti laterali (caldissimo). Nell’altro ambiente ci si facevano le abluzioni prima o dopo od anche prima e dopo il bagno nel calidario”. Le stufe erano combattute dai medici (erano tenute sudice e puzzolenti) e dalle autorità, per il meretricio che vi si esercitava.
[6] ) Vi fu ospitato S. Francesco (1081-1126). Molto più tardi vi risiedé don Enrique di Castiglia, figlio cadetto del re Ferdinando di Castiglia, creato senatore di Roma verso la fine di giugno del 1267, regnando Clemente IV (Guy Foucois - 1265-1268), fu poi reggente di Spagna (1285). (G. Del Giudice). Il 24 luglio del 1267, da Siena era giunto in Roma, incontrando ai piedi di Monte Mario dal senatore di Roma don Arrigo de Castilla ed accolto dai romani con “laudes imperatorias”. Dal senatore, Corradino fu fatto alloggiare nel Laterano e rifornito da don Arrigo, di denaro del quale s’era impossessato sottraendo le somme che i ricchi guelfi avevano messo al sicuro in alcune chiese di Roma. Clemente IV (Guy Foucois - 1265-1268) ebbe a dire: “che mancava soltanto al Castigliano di prendersi pure la Veronica e le teche coi capi degli Apostoli”.
[7] “Anelli per incastellare” - anelli per fissare le aste delle bandiere in cima alla torre.
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